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Schubert cantato da Guadagnini: «Winterreise? Una vera sfida»

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Luca Pavanel

Chi ama o vuole conosce la Winterreise - Viaggio d'inverno - del compositore Franz Schubert, non può perdere il treno musicale che passa oggi alle ore 15,30 alla Palazzina Liberty (largo Marinai d'Italia): a quell'ora, infatti, viene portato in scena il ciclo dei 24 lìeder (composizioni per pianoforte e canto, ndr); l'interpretazione è affidata a Mirko Guadagnini, che verrà accompagnato dal pianista Eddi De Nadai.

Un lavoro che a Milano si vede e si sente ogni quattro, cinque anni. «L'ho eseguita dodici volte - racconta Guadagnini, che del festival Liederiadi in corso ala Palazzina è il direttore artistico -. È un lavoro che mette alla prova, perché l'interprete deve affrontare settanta minuti, quasi ininterrotti, di canto».

Vale la pena ricordare - soprattutto a favore di non conosce l'opera - che Winterreise, su testi di Wilhelm Muller, è il più famoso ciclo di Schubert ed è tra i più conosciuti, in generale, della storia della musica. «Rappresenta la summa di questo genere assai diffuso nella cultura tedesca. L'eroe è il prototipo del Wanderer, il viaggiatore in senso romantico», spiegano i testi storici.

Resta sempre un po' un mistero come il compositore viennese abbia fatto a scrivere oltre 600 lieder, «più tutto il resto, un enorme mole di lavoro cameristico e sinfonico, entro in 31 anni, età della sua morte», dice il tenore. Un impegno incessante di un personaggio che a lungo è stato consegnato alla storia un po' troppo «angelicato» (si pensi alla sua Ave Maria presa a paradigma). E che, invece, ha avuto una vita più complessa.

Schubert, come del resto il tedesco Felix Mendelsshon, è un autore che in passato è stato un po'«trascurato»; da un certo punto in poi, sdoganato soprattutto sul piano sinfonico. Tra i maestri in Italia che si occupano di lui, anche il compositore Paolo Coggiola, ultimamente alle prese con un libro sui valzer. Un prezioso lavoro storico e di analisi dei più diversi aspetti del genere: dal ritmo alla melodia, passando alla scrittura pianistica. Interessante il capitolo dedicato allo stile jodler, canto tipico dell'area germanofona alpina che nei valzer schubertiani si rintraccia copiosamente.


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